Natale del Signore 2020 – Messa del giorno – Omelia

“Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme” (Is 52,9): con questo appello, che il profeta Isaia rivolge a Israele, la liturgia ci invita non solo a moltiplicare la gioia degli angeli, ma anche ad aumentare la letizia dei pastori (cf. Is 9,2), custodendo e meditando quanto proclama il “prologo” sia del Vangelo di Giovanni, “Verbum caro factum est” (1,14), sia della Lettera agli Ebrei: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (1,1-2).

“Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, Creatore della luce” (Gc 1,17). L’apostolo Giacomo, con questa professione di fede, compie una distinzione sottile, ma profonda, tra regalo (δόσις) e dono (δώρημα). Il “segno” di “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12), non è un regalo di grande valore, ma un “dono inestimabile”. “Nel suo Natale – scrive Sant’Agostino –, Cristo giace in una mangiatoia, ma contiene l’universo intero; succhia da un seno, ma è il Pane degli angeli; è avvolto in pochi panni, ma ci riveste dell’immortalità; viene allattato, ma viene adorato; non trova riparo in un albergo, ma si costruisce un tempio nel cuore dei suoi fedeli”.

Fratelli e sorelle carissimi, lo scambio dei regali natalizi ricorda al credente, sia pure in modo inadeguato, il dono che il “Creatore della luce” ha fatto all’umanità con l’Incarnazione del Verbo. È opportuno chiedersi, sostando davanti al presepe: in mezzo a tanti regali quanti doni ci sono sotto l’albero? Un regalo ha il significato generico di “cosa data”, mentre un dono ha l’accezione più specifica di “cosa offerta”. Un regalo ha un alto tasso di interesse, mentre un dono è un contributo a fondo perduto; un regalo osserva la matematica della distribuzione, mentre un dono rispetta la grammatica della condivisione; un regalo è ipotecato dalla regola del contraccambio, mentre un dono non è vincolato da alcuna pretesa; un regalo si aspetta, mentre un dono sorprende ogni attesa; un regalo si può dare con tristezza o per forza, riciclando i fondi del superfluo, mentre un dono si fa solo con gioia, estraendolo dal tesoro della gratuità; un regalo si confeziona con le mani, mentre un dono si prepara con il cuore; un regalo è sufficiente consegnarlo o prenderlo, mentre un dono è necessario offrirlo o accoglierlo. In definitiva, un regalo è paragonabile a un biglietto di andata e ritorno, mentre un dono è assimilabile a un biglietto di sola andata, convalidato dalla gratitudine.

Discendendo dal cielo, “per noi uomini e per la nostra salvezza”, il Signore si è esposto al rischio di essere rifiutato; a Betlemme non ha trovato posto nell’alloggio (cf. Lc 2,7): i suoi non l’hanno accolto (cf. Gv 1,11). Sono i pastori, destati da un angelo, a offrirgli le primizie dello stupore di tutto il creato (cf. Lc 2,8-14); nel presepe vengono rappresentati carichi di doni ma in realtà hanno le mani vuote, portate davanti alla bocca, gesto tipico della meraviglia. Saranno i Magi, guidati da una stella, a recare al Salvatore l’omaggio di tutti i popoli della terra; dopo essersi prostrati a terra in silenziosa adorazione aprono gli scrigni e offrono i loro doni, “simboli profetici di segreta grandezza” (cf. Mt 2,11). Aprire e offrire sono, per così dire, la sistole e la diastole di un cuore aperto al dono di sé; aprire e offrire sono le opere-segno della grazia divina, “che porta la salvezza a tutti gli uomini” (cf. Tt 2,11). “La tua grandezza – così prega Efrem il Siro – è per noi invisibile, la tua bontà è visibile davanti a noi. Tacerò, mio Signore, sulla tua grandezza, ma parlerò della tua bontà. La tua bontà ti ha afferrato e ti ha piegato verso la nostra malvagità. La tua bontà ha fatto di te un bambino, la tua bontà ha fatto di te un uomo. La tua grandezza si è contratta e distesa”.

Fratelli e sorelle carissimi, la bontà di Dio, apparsa nella disarmante semplicità di un bambino, ci chiama a vestire di speranza la trepidazione di quest’ora della storia. Le festività natalizie, malgrado lo scenario della pandemia che, senza il nostro senso di responsabilità, non potrà diminuire la sua carica virale, ci sollecitano a fare di ogni imprevisto una risorsa e a riconoscere, con serena fiducia, che “tutto concorre al bene” (Rm 8,28). Ci consoli la certezza che “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29). Anche il deserto è una terra di speranza, un luogo in cui è nascosta un’oasi di primavera; se ci è difficile immaginare di vedere fiorire la steppa (cf. Is 35,1-2), non rinunciamo a scorgere il ramo di mandorlo in fiore (cf. Ger 1,11-12).

+ Gualtiero Sigismondi

Collevalenza (PG) - Santuario dell'Amore Misericordioso
25-12-2020
Santuario dell'Amore Misericordioso - Collevalenza (PG)