OMELIA DI MONS. BENEDETTO TUZIA
FESTA DELLA NATIVITÀ’ DI MARIA
CHIESA DELLA CONSOLAZIONE – TODI, 8 SETTEMBRE 2019
Solitamente il mese di settembre nelle nostre agende pastorali è un tempo di ripartenze. La fine del periodo estivo segna quasi il momento di passaggio verso una più intensa ripresa della vita della comunità cristiana e della città stessa. In particolare oggi la festa della Natività di Maria, madre della Consolazione, ci vede riuniti in questa chiesa che possiamo ritenere la regina delle chiese tuderti a motivo della sua armonia e della sua bellezza. Sin dall’inizio ho preso atto che essa attiva un singolare processo di identificazione in questa area della nostra Diocesi. Soprattutto sottolinea l’amore dei tuderti verso la Mamma celeste.
Collochiamo nelle mani di Maria, madre di questa città, quello che abbiamo vissuto in questo anno pastorale. Particolarmente la Visita pastorale, che è iniziata qui, davanti a Lei, esattamente un anno fa, nella festa della Consolazione.
E’ stata, come già ho avuto modo di dire, una grande esperienza di grazia. Pastoralmente, un momento alto del mio servizio episcopale. Un impegno appassionante e coinvolgente. Ringrazio voi comunità cristiane e voi sacerdoti, in particolare don Emanuele.
Ringrazio il Signore per quel fiume carico di santità e di grazia che scorre nel sottosuolo delle nostre comunità, e che di tanto in tanto, come in questa occasione, affiora in superficie esuberante e magnifico.
E’ stata un prezioso momento di più profonda conoscenza, di comunione, di fecondo dialogo e di incoraggiamento reciproco. Sono venuto a conoscenza dei veri gioielli di grazia, spesso sconosciuti, che abbelliscono e rendono feconda la vita della nostra Chiesa.
Una Chiesa, che è ancora, nelle sue radici, una Chiesa di popolo. Questa convinzione ha preso forma soprattutto nella Visita pastorale. Certo, non è più un albero rigoglioso di foglie e di frutti; tuttavia le sue radici sono ben vive. E finché le radici sono vitali, l’albero può tornare florido. Se la nostra Chiesa di Orvieto-Todi è una Chiesa di popolo, allora in essa, qualunque uomo e qualunque donna, in ogni momento e condizione, può trovare la sua casa.
La festa odierna della Natività di Maria, che ci vede qui riuniti sempre in grande numero, è molto antica. Nata in Oriente e introdotta in Occidente nel 7° secolo da papa Sergio I, iniziò ad essere celebrata in quella che secondo la tradizione era ritenuta la casa dei genitori di Maria, Gioacchino e Anna, a Gerusalemme, dove attualmente sorge la chiesa di Sant’Anna. Sono molti secoli che la comunità cristiana si lascia guidare da questo mistero d’amore inserito nella nostra storia.
Quando Maria venne al mondo (ed è quanto la celebrazione odierna ci ricorda e festeggia), Dio era già all’opera e preparava gli eventi che la mattina di Pasqua avrebbero mostrato il senso ultimo della storia e il senso del nostro esserci nel mondo: ovvero preparare la strada, indicare la via, mostrare la luce e aprirci, con il nostro si, come Maria, all’unica, infinita fonte della vita vera.
L’evangelista Matteo, nella pagina del Vangelo che è stata proclamata, quasi distacca dalla storia del popolo ebraico l’albero genealogico degli antenati terreni di Gesù e ce ne dà l’umana generazione.
La pagina è solenne.
Più alto è soltanto il prologo del 4° evangelista, Giovanni, che ci racconta la generazione divina di Gesù: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio …”. La genealogia di Matteo, nella sua essenzialità di documento storico e ufficiale, si distende su un elenco di puri nomi e puri verbi e ha effetti di una grande orchestra. Si sente dentro il mormorio innumerevole delle onde che battono sulla spiaggia e su cui sta per giungere il sole: “Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo…”. E’ l’inserimento di Gesù nella storia: “Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe …” e avanti. Le generazioni si snodano come anelli di una catena vivente, come radici che gemono nella grande aspirazione di nutrire l’albero, di far fiorire l’albero.
“Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab…”. In questa orchestra di nomi strani e talvolta difficili a pronunciarsi, la generazione si fa progressivamente più intensa, si impregna di crescente umanità.
L’albero genealogico geme in un lungo desiderio di fiorire. “Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe …”. Si avverte quasi il passo di uno che sta per venire. Ora il grande albero scuote le sue foglie e ci spalanca una generazione profonda e misteriosa. Di colpo scocca l’ora voluta da Dio, la pienezza del tempo, l’inizio della luce, il grembo del sole. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo”.
Le parole si fanno più sensibili e delicate, intervenendo un particolare nome di donna; Miriam, Maria. La generazione umana (generò, generò …) qui sembra tacere; si ritira davanti a qualche cosa di più grande: l’azione dall’alto. Tace l’umano ed entra il divino. E’ come una genuflessione del tempo davanti all’eterno che si incarna in esso. Tutta quella ricchezza di vita (generò, generò …) non è troncata, è sostituita. L’uomo cede allo Spirito (“quello che è generato in lei, viene dallo Spirito”).
Fosse nato per opera d’uomo, il Messia sarebbe stato il figlio di un uomo, non il Figlio dell’uomo … Invece quale pienezza assume questa generazione fatta propria dallo Spirito Santo!
Ora, questa pagina di Matteo ci appare in tutta la sua luce. Sembrava un lungo e monotono elenco di nomi strani … Invece è quasi un appello, una divina chiamata!
Celebriamo oggi il momento finale di quella corsa narrativa lungo le umane generazioni.
La nascita di Maria, prodigio dello Spirito, zolla di terra incontaminata, sulla quale può finalmente posare i suoi piedi Dio, che in Gesù si fa salvezza dell’umanità.
IN ALLEGATO IL DOCUMENTO FORMATO PDF