Quaranta giorni dopo Natale celebriamo il Signore che, entrando nel tempio, va incontro al suo popolo. Questa festività, che nell’Oriente cristiano è detta Ipapánte, apre il cammino verso la Pasqua. Nel tempio di Gerusalemme avviene un duplice incontro: quello tra il Verbo fatto carne e l’umanità in attesa; quello tra i giovani sposi Maria e Giuseppe e i santi vegliardi Simeone e Anna. Questo episodio compie così la profezia di Gioele: “I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (3,1). Mentre Maria e Giuseppe affidano al silenzio l’eloquenza del gesto della loro offerta, Simeone e Anna profetizzano. Essi, nella loro vecchiaia, sono capaci di una nuova fecondità: mossi dallo Spirito acclamano Cristo Lumen gentium.
Nella festa della Presentazione del Signore la Chiesa celebra la Giornata Mondiale della Vita consacrata. C’è un doppio binario su cui viaggia questo segno profetico: da un lato l’iniziativa di Dio, da cui tutto parte e a cui dobbiamo sempre tornare; dall’altro la nostra risposta, che è autentica quando tiene fisso lo sguardo su Gesù: povero, casto e obbediente. “Il mondo – avverte Papa Francesco – cerca di accaparrare, la vita consacrata lascia le ricchezze che passano per abbracciare Colui che resta. Il mondo insegue i piaceri e le voglie dell’io, la vita consacrata libera l’affetto da ogni possesso per amare pienamente Dio e gli altri. Il mondo s’impunta per fare ciò che vuole, la vita consacrata sceglie l’obbedienza come libertà più grande. Mentre il mondo lascia vuote le mani e il cuore, la vita consacrata riempie di pace tutta l’esistenza, come è accaduto a Simeone ed Anna, che arrivano felici al tramonto della vita. Avere il Signore tra le braccia è l’antidoto al misticismo isolato e all’attivismo sfrenato”.
Vivere l’incontro con Gesù è il segreto per mantenere alto il livello della vita interiore e della vita fraterna. Non facciamoci illusioni: se cede l’una, l’altra cade, e viceversa! La cura della vita interiore è, infatti, il balsamo della vita comune e fraterna, la quale, a sua volta, è l’olio che alimenta la fiamma della vita interiore. Il dovere di ricentrarsi sulla vita fraterna – criterio infallibile di discernimento vocazionale – mette al riparo da quella che Papa Francesco chiama la “tentazione della sopravvivenza”. “L’atteggiamento di sopravvivenza ci fa rinchiudere lentamente nelle nostre case e nei nostri schemi. Ci proietta all’indietro, verso le gesta gloriose – ma passate – che, invece di suscitare la creatività profetica nata dai sogni dei nostri fondatori, cerca scorciatoie per sfuggire alle sfide che oggi bussano alle nostre porte. La psicologia della sopravvivenza toglie forza ai nostri carismi perché ci porta a proteggere spazi, edifici o strutture più che a rendere possibili nuovi processi. La tentazione della sopravvivenza ci fa dimenticare la grazia, ci rende professionisti del sacro ma non padri, madri o fratelli della speranza che siamo stati chiamati a profetizzare”.
Carissima Sr. Chiara Agnese, la Comunità del Buon Gesù, all’unisono con la tua Famiglia e con la Chiesa particolare di Orvieto-Todi, accoglie con il Cantico di Maria il tuo abbandono alla fedeltà di Dio. Questa tua professione temporanea manifesta la volontà di “fondere e purificare”, anzi, di “affinare come oro e argento” (cf. Mal 3,3) la tua adesione al Signore. Secondo la logica del mondo tu oggi faresti un salto nel vuoto, un triplice salto mortale; in realtà stai per compiere non un salto in lungo bensì un salto in alto. La clausura ti separa dal secolo ma non dall’amore dei fratelli e delle sorelle; anzi, proprio nella solitudine e nel silenzio del chiostro cresce l’amore oblativo verso Dio e verso il prossimo. Ti voglio fare dono di una confidenza che tempo fa ho ricevuto da una claustrale: “Guai se si smarrisse l’esigenza, soprattutto per chi vive in clausura, di essere pellegrine e forestiere con la preghiera, raggiungendo le periferie di ogni cuore smarrito. Essere pellegrine e forestiere è anche il segreto per evitare di ripiegarci su noi stesse o su difficoltà troppo piccole per imprigionare il cuore”.
Carissima Sr. Chiara Agnese, non c’è niente di più nobile dell’eleganza di un’anima che si spende nella lode di Dio e nel dono di sé. La tua professione temporanea avviene in un tempo segnato dalla dura prova dell’emergenza sanitaria, e tuttavia questa è la stagione che annuncia la primavera con il mandorlo in fiore. I santi Francesco e Chiara, e quelli delle terre ambrosiane, san Carlo Borromeo e il beato Carlo Acutis, Carlo Senior e Carlo Junior, ti aiutino a portare a compimento l’opera che Dio ha iniziato in te.