L’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione: “è proteso alla gioia pasquale”. La sua durata di quaranta giorni possiede un’indubbia forza evocativa: anzitutto “riapre alla Chiesa la strada dell’Esodo” che, con il passaggio dalla schiavitù alla libertà, ha scandito la vita e la storia dell’antico Israele; soprattutto ripercorre con Gesù i quaranta giorni da Lui trascorsi nel deserto, pregando e digiunando, prima di dirigersi decisamente verso Gerusalemme. Secondo l’antica tradizione romana delle stationes, il percorso che oggi inauguriamo accompagna i fedeli nel deserto quaresimale per aiutarli a recuperare “il senso penitenziale e battesimale della vita cristiana”.
Gesto proprio ed esclusivo del primo giorno della Quaresima è l’imposizione delle ceneri; per questo rito, austero e simbolico, la liturgia propone due formule. La prima richiama l’ammonimento rivolto ad Adamo dopo la tragica esperienza del peccato: “Ricordati uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai” (cf. Gen 3,19); queste parole interpretano la nostra condizione umana, “altissima nella dignità e nello stesso tempo così fragile”. La seconda formula trae ispirazione dal “prologo” della predicazione di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15); si tratta di un invito a porre come unico fondamento della sequela l’adesione ferma e fiduciosa al Vangelo.
Il profeta Gioele, nell’esortare Israele alla conversione, auspica che “il Signore si mostri geloso per la sua terra e si muova a compassione del suo popolo” (Gl 2,18). Nel cuore di Dio, “Padre misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza” (Gl 2,13), c’è spazio per la “gelosia” che, associata alla compassione, mostra di quale zelo Egli ci circondi e di quale amore ci prediliga. Convertirsi vuol dire lasciarsi conquistare dalla “gelosia” di Dio, il quale “manifesta la sua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono”. “Il tempo di Quaresima – assicura Papa Francesco – è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio”.
“Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20): questo appello, rivolto da Paolo alla comunità di Corinto, ci sprona ad avviare un cammino di vera conversione la quale, nel suo significato propriamente cristiano, è un’esperienza di rinnovamento interiore suscitata dalla grazia, sostenuta dalla contemplazione della Croce e verificata dalla concretezza della coerenza delle “buone opere”. “L’elemosina, la preghiera e il digiuno, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cf. Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione”. I Padri e gli scrittori antichi amano sottolineare che queste tre dimensioni della vita evangelica sono inseparabili, si fecondano reciprocamente e portano tanto maggior frutto quanto più si corroborano a vicenda. “Il digiuno – afferma san Pietro Crisologo – è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno”.
“All’osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito”: questo augurio, che la Liturgia formula all’inizio della Quaresima, ci sollecita a tradurre il desiderio di conversione in proposito fermo e sincero. L’invito del profeta Gioele a “ritornare al Signore con tutto il cuore”, “lacerando il cuore e non le vesti” (cf. Gl 2,12-13), viene ripreso dal Salmista e tradotto in una supplica: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 50,12). Il verbo creare lascia intendere che il Signore Dio non restaura ma ricrea, non ripara ma rinnova, non risana ma trapianta il cuore: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez36,26). Il Signore ci conceda di vivere questo tempo forte “come un percorso di formazione del cuore”.
Con il Salmo penitenziale per eccellenza, il Miserere, che la liturgia in Quaresima sembra distillare, disponiamoci a ricevere le ceneri, le quali ci ricordano non solo che siamo di passaggio, ma anche che siamo polvere su cui Dio ha soffiato “un alito di vita” (cf. Gen 2,7). “Siamo polvere preziosa, destinata a vivere per sempre. Siamo la terra – assicura Papa Francesco – su cui Dio ha riversato il suo cielo, la polvere che contiene i suoi sogni. Siamo la speranza di Dio: il poco che siamo ha un valore infinito ai suoi occhi”. Coraggio, fratelli e sorelle, “lasciamoci riconciliare con Dio”: non perdiamo l’occasione che questo tempo santo ci rinnova! “Dio non chiede nulla che prima non abbia donato”: “Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19).
+ Gualtiero Sigismondi